FLASH NEWS

On-line la prima parte dell'intervista al professor Giorgio Luraschi!

Bwy

venerdì 12 novembre 2010

GIORGIO LURASCHI, SECONDA PARTE

Professore , l’Insubria è tutt’ora un cantiere aperto, insomma qualsiasi iniziativa o attività organizzata da studenti sarebbe una novità assoluta nella storia del nostro Ateneo.
Ma certamente! Però devono essere i vostri rappresentanti a trainare il vostro spirito d’iniziativa.
Cosa manca a noi studenti del 2010 rispetto ai nostri predecessori?
Voi avete poco per cui lottare, io lavoravo per mantenere la famiglia, ma dovevo anche tentare il sogno della mia vita e studiare le mie cose, che come sapete non sono il diritto, ma la storia. E per fare questa seconda cosa dovevo studiare di notte e tentare di formare una mia cultura personale. Questo oggi è impensabile. Voi avete poche cose per cui lottare, ma anche poche persone che vi incentivano a lottare.
Ci faccia un esempio.
Io vi dico di rifiutare i voti bassi ma il 50% di voi ha genitori che vi spingono a laurearvi in fretta anche con tutti 18. Poi con quella laurea non ci fate nulla.
Sotto questo aspetto, le statistiche giocano a favore del nostro Ateneo.
Certamente! Sino alle indagini scorse, i nostri laureti entro 6 meni trovano lavoro. Anche gli avvocati parlano male di noi, ma poi andate giù a vedere gli avvisi di avocati in cerca di praticanti. Io stesso, spesso, mi sento dire “ Giorgio portaci i migliori!” Significa che il mercato non è saturo. Certo se voi andando dall’avvocato volete 1000 euro al mese, scordatevelo. Dovrete fatica e lavorare anche gratuitamente, ricevendo, nella migliore delle ipotesi, il panettone a natale. Certo siete sconnessi. Voglio dire la colpa è anche vostra, dei comaschi per quello che vi ho detto, e vostra.
Spostiamo la nostra attenzione sulle realtà associative attive nel nostro ateneo, quali sono le sue sensazioni odierne al riguardo? Tante associazioni sono un ulteriore stimolo alla crescita della vita universitaria o, piuttosto, un ulteriore elemento di confusione?
Qui a Como sono attive l’Aquila, la Sant’Abbondio e la Novum Comum. Se non sbaglio ognuna di esse aveva assicurato una competenza diversa. La S. Abbondio si sarebbe concentrata sulle iniziative di matrice culturale. La Novum Comum, invece, avrebbe preferito impegnarsi nell’aspetto godereccio della quotidianità universitaria (feste, aperitivi ecc.). L’Aquila, infine, dovrebbe mediare tra queste attività (gite con valenza culturale). A tal proposito, ci tengo a ringraziare nuovamente il professor Cosentino sempre disponibile ad appoggiare le attività culturali e ricreative degli studenti. Venendo alla vostra domanda, l’esistenza di molte realtà associative non può che rappresentare un ulteriore risorsa per voi studenti, purchè vi sia un coordinamento tra le tante attività svolte. Bisogna evitare di calpestarsi i piedi l’una con l’altra…

(Dopo un attimo di riflessione, il Professore ci mostra un articolo di giornale e con nostalgia dice : “Le associazioni dovrebbero essere un punto di riferimento. Ah, se solo potessi tornare a organizzare la goliardia…”

Il vero problema è trovare studenti disposti ad impegnarsi in questo genere di iniziative. Un’associazione o, ad esempio, un blog come il nostro possono sopravvivere solo grazie al volontariato di chi decide di impegnarsi nel loro progetto.
Il punto è sempre lo stesso: Voi dovete decidere se essere o meno i protagonisti. Oltra a voi studenti ci siamo noi professori che, nonostante i tanti problemi, abbiamo a cuore l’università e i comaschi che, come ho già detto, sono atavici, chiusi e, ora, anche incazzati, anche se lo sono diventati con un incredibile ritardo. Ma vi sembra possibile che si siano accorti delle paratie solo un anno dopo l’inizio dei lavori?!?
Le paratie non sono l’unico motivo per ci il comasco si arrabbi di questi tempi…
Già, adesso io sto lottando per la Ticosa. Non per S. Abbondio ma, a quanto sembra, l’attuale progetto coprirà gran parte della Spina verde. Se anche voi provate la mia stessa indignazione, ditelo al Luraschi che andremo tutti insieme a sederci davanti alle ruspe. Non sono nuovo ad iniziative del genere. Ma voi sapete che ho fatto lezioni, esami e tesi al monumento ai caduti?
No! Non ce l’ha mai raccontato …
Anni fa, l’edifico di via Cavallotti aveva delle crepe e il rettore decise di chiudere le attività . Uno studente siciliano mi disse: “Professore io domani mi devo laureare c’è qui tutta la mia famiglia” .Così, io dissi ai miei unidic colleghi di mettere la toga e seguirmi. Per le prime tesi siamo andati in via Garibaldi, c’erano tutti i giornalisti perché è stata un’ evento mai incredibile per Como, da sempre poco incline a comportamenti “indisciplinati”. Ma Ribellarsi si può, bisogna aver a forza e i motivi per farlo e voi li avete !
L’impressione è che molti hanno paura di tirar fuori questa grinta, il commento che si sente dire a tutti coloro a cui si propone una partecipazione ad una qualsiasi iniziativa è “si, così non mi laureo più” .
Allora il punto più debole siete voi, ragazzi. Perché ,come sapete, io racconto e credo ancora nella goliardia, uno stile universitario che oggi non esiste più.
Altro argomento scottante, Il campus. Cosa ne pensa?
Avete visto come vanno le cose: a Como, a fare la cose, se non sono sentite, ci si mette un sacco di tempo. Il campus è uno di quei progetti che non è sentito dalla comunità. L’università che è lì vicino da 20 anni, quella di via Valleggio, è in uno stato pietoso. Tra fallimenti di ditte, difetti di costruzione guardate come sono ridotti. Quella sede è frequentata anche da stranieri e fa pietà. E noi dovremmo cominciare a costruire un campus per chi? Non per noi di Sant’Abbondio, certamente! Nessuno va in via Valleggio e quelli che la frequentano hanno difficoltà a venire qua. Fatichiamo quotidianamente per lanciare una realtà universitaria a Sant’Abbondio e vogliono costruire un campus là.
Il campus può essere l’esempio di come spesso si voglia correre senza ancora sapere camminare.
Perfetto, rende l’idea della situazione. Senza poi considerare i problemi legati agli appalti. L’università che sogno io riprende il modello di Oxford e Cambridge: un’università dispersa sul territorio. Se dovesse fallire l’attuale progetto Ticosa, la zona antistante la sede deve essere nostra. Non parlo di un campus ma di un area di raccordo e di socializzazione per tutti gli studenti comaschi. Gli studenti non portano soldi alla città proprio per mancanza di luoghi di aggregazione ad essi destinati. Se nell’area dell’ex Ticosa dovesse sorgere un centro di negozi e commerci pensati a misura di studente, i vantaggi economici per la città sarebbero ragguardevoli. Il campus, secondo me, è dispersivo ed è un progetto a lunga scadenza.
Oltretutto, creare il campus la finirebbe per isolare ulteriormente l’università dal restante tessuto sociale e cittadino.
Certamente, una prospettiva che una comunità che aspira all’etichetta di “città universitaria”, non può assolutamente permettersi.


Luca Parravicini e Valentina Nichele

Nessun commento:

Posta un commento